Il fenotipo può venire variamente modificato da fattori ambientali diversi e tale capacità di rispondere alle pressioni ambientali, senza che intervengano mutazioni, riduce notevolmente il campo di azione della pressione selettiva. Si deve, quindi, ritenere che la facile modellabilità del fenotipo abbia un effetto ritardante sull' evoluzione.

La flessibilità del fenotipo può venire distinta in due categorie principali: la flessibilità di sviluppo e la flessibilità di comportamento. La prima produce come effetto lo sviluppo di fenotipi differrenti in condizioni ambientali diverse (norma di reazione); la seconda comprende tutti gli elementi comportamentali che consentono un adattamento temporaneo a particolari condizioni ambientali.

Esiste, comunque, una variazione genetica che contribuisce in larga misura alla variazione dei fenotipo, basandosi fondamentalmente sulle modificazioni del materiale genetico della popolazione.

La variazione genetica si esprime dando luogo a tre tipi principali di caratteri: caratteri quantitativi, che possono, cioè, essere misurati, quali le dimensioni corporee, il peso, e che danno origine a quella che si definisce variabilità continua (esprimibile mediante una curva gaussiana); caratteri meristici, che possono essere contati, quali, ad esempio, il numero delle vertebre; caratteri qualitativi, quali la presenza o l'assenza di macchie sul corpo, particolari colorazioni delle ali, etc,; questi ultimi sono caratteri alternativi, discontinui, non esprimibili mediante una perfetta gaussiana e rientrano, pertanto, nella variabilità cosidetta discontinua. Inoltre, i primi due tipi di caratteri sono "plurifattoriali", cioè dovuti alla azione di più geni; al contrario i caratteri qualitativi sono generalmente il prodotto dell'azione di un singolo gene che nel corso dell'evoluzione ha subito variazioni e, quindi, può esprimersi in maniera diversa; si parla, in quest' ultimo caso, di variabilità "monofattoriale".




I caratteri monofattoriali determinano il polimorfismo, cioè la presenza di variazioni discontinue all'interno di una popolazione, a seguito di variazioni di un singolo gene; si parla di variazioni discontinue in quanto, evidentemente, la "presenza-assenza" di una determinata struttura o carattere, non ammette termini intermedi.

Possiamo così definire il polimorfismo come la presenza di più tipi (morfi) discontinui e fortemente differenziati all' interno di una stessa popolazione che si riproduce per incrocio; i morfi devono essere ben caratterizzati e facilmente individuabili; la prima generazione deve essere sempre il prodotto di due gameti differenti, comunque questi siano prodotti e comunque avvenga la fecondazione. (a destra: polimorfismo in una popolazione di Liguus fasciatus)


Differenze polimorfe possono riguardare la struttura di certi caratteri, la fisiologia ed il comportamento.

Il polimorfismo dovuto al colore, essendo le colorazioni uno dei caratteri più vistosi degli animali, è quello più frequentemente descritto; ma la organizzazione di certe strutture dentarie nei mammiferi, le nervature alari o di particolari ali negli insetti, le spire nei serpenti e la asimmetria nei pesci, costituiscono altrettanti casi ben noti di polimorfismo.

Variazioni polimorfe sono molto comuni anche nell' uomo. Un esempio ci viene fornito dall'assetto "Ss" che determina l' anemia falciforme. Le forme omozigotiche (SS e ss) differiscono notevolmente nel fenotipo degli eritrociti che possono essere, appunto, normali o falciformi. Nelle aree malariche dell' Africa gli eterozigoti (anche se moderatamente anemici) presentano un vantaggio selettivo grazie alla loro resistenza alla malaria; tale vantaggio non esiste per gli omozigoti (SS); al contrario,gli omozigoti recessivi (ss) generalmente muoiono prima di raggiungere la maturità sessuale. Un altro esempio di polimorfismo nell'uomo è quello relativo alla ereditarietà dei gruppi sanguigni.

Il polimorfismo differisce da altre forme di variabilità genetica delle popolazioni per un aspetto fondamentale: la produzione di più fenotipi (morfi) discontinui, geneticamente determinati, coesistenti nella stessa popolazione. Il termine "polimorfo" deve essere rigorosamente distinto dal termine "politipico" che si applica, al contrario, alle categorie composite (specie). Le differenze che interessano le popolazioni determinano il fenomeno che va sotto il nome di politipismo.

La variazione genetica può essere determinata da cause diverse, talora concomitanti tra loro per produrre effetti amplificati. Le principali fonti di variazione genetica sono:



Le mutazioni possono essere definite come un mutamento ereditario di un gene che può verificarsi sia in individui a riproduzione gamica che agamica. Le mutazioni si possono classificare come segue:

  • modificazioni strutturali dei cromosomi (modificazioni submicroscopiche a livello molecolare, cioè mutazioni di locus o mutazione genica

  • modificazioni microscopiche o aberrazioni che comprendono: perdita di un segmento cromosomico (delezione), aggiunta di un segmento cromosomico (duplicazione)

  • riordinamento intercromosomico o intracromosomico, con scambio di segmenti (traslocazione)

  • riordinamento intracromosomico per rotazione di un segmento di 180° che viene a trovarsi invertito nella sequenza genetica in rapporto al restante cromosoma (inversione)

  • variazioni nel numero dei cromosomi, che possono coinvolgere: il corredo aploide (n) totale, la perdita o l'acquisto di uno o più cromosomi.

    Le mutazioni non rappresentano un fenomeno molto frequente in natura e ciò soprattutto in organismi a riproduzione gametica (sessuale); basti, a questo proposito, osservare che nell'uomo la mutazione che determina l' albinismo (mancanza di pigmento nella pelle) si può verificare mediamente in un gamete ogni 300.000 e poichè la specie umana non produce un elevato numero di discendenti ma pochi figli per generazione di conseguenza la probabilità che la suddetta mutazione compaia è in realtà piuttosto bassa. Nelle specie a riproduzione gametica, infatti, come si dirà meglio in seguito, esistono altre sorgenti di variazione genetica (ricombinazione,etc.) che garantiscono loro un sufficiente tasso di variabilità fenotipica. Al contrario, in organismi agamici, in cui le mutazioni rappresentano l' unica fonte di variazione genetica, un pari tasso di variabilità deriva loro dal fatto che essi generalmente producono un enorme numero di discendenti per generazione e, quindi, la probabilità di comparsa di mutazioni cresce proporzionalmente.

    La ricombinazione, tuttavia, è probabilmente la sorgente più importante di variazione genetica. Negli individui a riproduzione gametica (anfigonica), mediante lo scambio di materiale genetico si può accrescere notevolmente la produzione di genotipi differenti. La ricombinazione si verifica quando i cromosomi paterni e materni tendono ad appaiarsi l' uno con l'altro, a rompersi in più punti e a scambiarsi frammenti. Questo evento è definito "crossing-over". Negli individui produttori di gameti avviene alla meiosi: i cromosomi dei gameti risultanti sono, quindi, una ricombinazione dei cromosomi omologhi parentali.

    Una popolazione può così produrre, per ricombinazione, una ampia variabilità genotipica per molte generazioni senza necessità di mutazioni o di altre fonti di variazione genetica (flusso genico,etc.).

    Il flusso genico consiste nell' ingresso di "nuovi" geni in una popolazione locale. Uno scambio genico più o meno ampio si verifica ogni qualvolta vi è un contatto tra due popolazioni in precedenza isolate. Questo tipo di flusso di solito proviene da altre popolazioni della stessa specie ed il fenomeno è anche detto "rottura dell' endogamia".

    Il flusso genico è, comunque, molto importante anche per un'altra ragione: di per se rappresenta un elemento di perturbazione che, rompendo complessi genici ben integrati, può ostacolare l'adattamento ecotipico locale. Di conseguenza vi sarà una selezione che favorirà quegli alleli che sono capaci di produrre fenotipi armonici con il maggior numero di alleli differenti e, in generale, vi sarà una pressione selettiva che induce una specie di controllo da "feed-back" che tende a produrre fenoti più uniformi. Il flusso genico, con le sue conseguenze, è in definitiva un elemento ritardante l'evoluzione; esso ha, perciò, effetti di vasta portata sulla variazione geografica, l'adattamento ecotipico, la speciazione e l'evoluzione a più lungo termine.

    Il concetto di eredità a particelle discrete presuppone che i fattori genetici dei genitori, quando si combinano nello zigote, non perdano la loro identità, ma si riassocino nella nuova generazione, come pure che, in linea generale, il materiale ereditario resti costante quantitativamente e qualitativamente di generazione in generazione, a meno che non venga modificato dall'intervento di mutazioni.

    Il concetto di eredità a particelle discrete fa si che la variabilità di una popolazione di ampie dimensioni resti sempre identica da una generazione all'altra, in condizioni di accoppiamento casuale e se i geni hanno lo stesso valore selettivo.

    La legge fondamentale dell' ereditarietà a particelle discrete può essere espressa mediante una formula matematica, nota come legge di Hardy-Weimberg. Si tratta di una estrapolazione teorica del fenomeno precedentemente esposto: in una popolazione, se questa è sufficientemente ampia, se gli accoppiamenti si possono considerare casuali, se non intervengono mutazioni, se si assume che la selezione sia inoperante, le relazioni tra gli alleli di uno stesso gene si mantengono costanti nel tempo, cìoè sono all'equilibrio. Tale situazione è teorica in quanto una delle condizioni, di quelle su esposte, che facilmente può venir meno in natura è la dimensione delle popolazioni, generalmente piccole in natura; inoltre la componente abiotica dell'ambiente può variare nel tempo e ciò porta, evidentemente, all'instaurarsi di pressioni selettive; infine, si deve rilevare come in natura esistano piccole mutazioni che alterano la sequenza molecolare dei geni. Ciononostante si tratti di una astrazione teorica, la legge offre la possibilità di spiegare molti dei fenomeni che avvengono in natura, compresa la deriva genetica, come eccezioni alla legge stessa.


    La variazione genetica di una popolazione può venire influenzata da fattori diversi e precisamente:


  • Fattori che tendono a reprimere la variazione genetica (selezione naturale, deriva genetica)


  • Fattori che si oppongono o riducono gli effetti delle pressioni selettive (migrazioni, conquista di nuovi habitat, ibernazione-estivazione, meccanismi di fuga, mimetismo)


  • Fattori di protezione della variazione genetica (meccanismi citologici e fisiologici, meccanismi ecologici, vantaggio dell'eterozigosi, eterogeneità spaziale e temporale, vantaggio della forma rara




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