L' OMOSESSUALITA': UN FRENO PER L' EVOLUZIONE?


Ricordiamo che lo Spirito Santo è il potere creativo di Dio e che "un raggio di quell'attributo di Dio viene usato dall'umanità per la continuazione della specie. Abusare di questo potere, usandolo solo al fine di una gratificazione, sia per un vizio solitario che per un piacere di coppia, ricercato all'interno o al di fuori del vincolo legale del matrimonio significa peccare contro lo Spirito Santo" (Max Heindel)


A distanza di molti anni ricordo ancora le parole del mio insegnante di Citologia ed Embriologia all' Università di Bari il quale solennemente affermava che riprodursi è una sorta di "imperativo categorico" per le specie: riprodursi per non morire, per trascendere il tempo attraverso la produzione di prole feconda.

Solo in tal modo, infatti, esse possono trasmettere le loro caratteristiche ai discendenti ed opporsi in tal modo alla morte individuale ed al tempo. Tutta la vita, ad ogni livello, è permeata da questa impellente necessità che, incurante della sopravvivenza individuale, premia in un certo qual modo la sopravvivenza della specie e della materia vivente, nel tempo e nello spazio.

Tale necessità è comparsa molto presto nel corso dell' evoluzione, già circa tre miliardi di anni fa, allorquando le prime forme di vita (antenati dei virus attuali, batteri e protisti) si trovarono di fronte al problema del mantenimento della specie ed iniziarono a riprodursi, dapprima molto semplicemente mediante un tipo di riproduzione asessuata, consistente in una semplice divisione del materiale genetico utilizzando, successivamente (già con i primi organismi unicellulari) modelli riproduttivi più sofisticati e complessi rifacentesi alla cosidetta riproduzione sessuale.

Anche Darwin aveva perfettamente intuito l' enorme importanza della riproduzione sessuale formulando le sue tesi sulla "fitness" riproduttiva di alcuni animali rispetto ad altri, meno dotati e che pertanto si riproducevano meno e con maggiori difficoltà. Oltre alla lotta per la sopravvivenza ci sarebbe, infatti, secondo lo stesso autore anche una lotta per la riproduzione, dalla quale riuscirebbero vincitori sempre i maschi più dotati e maggiormente competitivi. In tal modo solo i geni ed i caratteri migliori sarebbero trasmessi attraverso le diverse generazioni. Individui dotati di una elevata fitness che non si riproducessero risulterebbero, pertanto, "egoisti" e del tutto inutili per il processo evolutivo.

In tutti i casi la riproduzione risulta la migliore strategia adattativa per le specie; solo così, infatti, esse riescono nella maggior parte dei casi a evitare l' estinzione, producendo variabilità (nel caso della riproduzione sessuale) o un elevatisimo numero di discendenti (nel caso della riproduzione asessuale), garantendosi in entrambi i casi la sopravvivenza nel tempo.

Ne consegue che la natura, piuttosto che la soppravivenza individuale, privilegia sempre la sopravvivenza della specie. In questa ottica un individuo assolve al meglio la sua funzione non quando si alimenta, si accresce, respira, etc. ma quando riesce a riprodursi originando prole a sua volta feconda. Individui sterili, come ad esempio gli ibridi, non hanno alcun significato per l' evoluzione e vengono generalmente eliminati dalla selezione naturale.

Vi sono molti modi con cui una specie può riprodursi sessualmente, anche se da un punto di vista strettamente antropocentrico la migliore sarebbe quella che ci compete e cioè la riproduzione tramite incontro di due partners sessuali diversi (maschio-femmina) e conseguente fecondazione.

Esistono, comunque, molti altri modelli riproduttivi, anch' essi validi e che portano, anch' essi, alla produzione di una discendenza fertile, in grado di perpetuarsi nel tempo. Tra questi quelli più noti, ed abbastanza diffusi in natura, sono la partenogenesi e la fecondazione incrociata tra individui ermafroditi.

Nel primo caso una sola femmina, senza essere fecondata, è in grado di portare a termine lo sviluppo di un nuovo individuo, sia maschio che femmina; questo tipo di riproduzione si realizza di norma quando l' ambiente è favorevole e poco variabile, e consente la produzione di un discreto numero di discendenti in breve tempo.

Nel secondo caso individui portanti entrambi i sessi sono in grado di riprodursi e, nel caso dell' ermafroditismo istantaneo insufficiente, di incrementare notevolmente la variabilità genetica della discendenza.

Da tutto quanto su esposto è evidente che una condizione di coppia, anche ermafrodita, che non comporti una finalità riproduttiva risulta priva di significato in natura. Una condizione omosessuale, come si rileva in alcuni casi nella nostra specie, seppure degna di rispetto e considerazione, rappresenta certamente un grosso limite per l' evoluzione.

Immaginiamo per un momento un mondo fatto di soli omosessuali: quanto durerebbe? Un sola generazione e, quindi, seguirebbe l' inesorabile estinzione della specie umana! Va anche detto che nel resto del mondo animale una condizione simile non è molto frequente, e si affermata raramente nel corso di miliardi di anni e, comunque, mai a scopo riproduttivo. L' evoluzione ha sempre portato ad adattamenti sempre più efficienti ed a un continuo progresso evolutivo; come si spiegherebbe allora il fatto che fenomeni di omosessualità o simili siano stati solo raramente premiati dalla selezione naturale?

E' pur vero che in natura numerosi sono i casi di intersessualità, quale il succitato ermafroditismo, ma in ogni caso essi portano cumunque ad un atto riproduttivo e alla formazione di una discendenza. Negli ermafroditi con fecondazione incrociata, in particolare, vengono generati figli con elevata variabilità e, quindi, molto adattabili e garanti di una sicura sopravvivenza specifica.

Con queste brevi considerazioni non si intende assolutamente disconoscere nè condannare la condizione omosessuale nella specie umana, ma definirne gli indiscutibili svantaggi evolutivi e gli indubbi limiti adattativi.

Attualmente si discute anche della possibilità di matrimoni tra omosessuali e l' eventuale adozione di figli. A prescindere da considerazioni etiche o religiose, una tale possibilità, se pure accettata da alcuni paesi europei, è al di fuori di ogni finalità evolutiva e un biologo non potrebbe certamente accettarla.

Il concetto di "coppia" in tutto il regno animale è molto rigido: gli animali, infatti, formano coppie, spesso di lungo termine, talvolta di breve termine, ma sempre rivolte alla produzione di una discendenza e alla cura dei primi stadi del relativo sviluppo e ciò, come si è gia detto, al fine di garantire la sopravvivenza della specie cui appartengono.

In alcuni casi si possono anche formare coppie comprendenti diversi partners sessuali al fine di aumentare il rimescolamento genetico e conferire una maggiore variabilità alla discendenza. In ogni caso la coppia rappresenta sempre e comunque una unità riproduttiva, rivolta a tutelare e garantire l' autoconservazione della materia vivente. Tutte le considerazioni su esposte non devono necessariamente portare alla conclusione che gli omosessuali debbano essere odiati, discriminati e avversati. D' altro canto è difficile vivere in un mondo di uomini che cambiano e violano i principi fondamentali della natura: non è libertà questa. E' veramente sconvolgente questo abbattimento del concetto di libertà che sconfina per i credenti nel peggiore dei peccati perchè Dio e natura coincidono, e per i laici nel peggiore dei disordini morali e civili.

In conclusione speriamo che i nostri figli possano i vivere in una societa' che, pur riconoscendone gli evidenti limiti evolutivi, rispetti anche gli omosessuali, e che valorizzi ogni inclinazione sessuale: un mondo che riconosca i diritti di tutti sara' certamente un luogo infinitamente piu' ricco e gratificante!



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