BIOSPELEOLOGIA - LA VITA NELLE GROTTE

ELEMENTI DI ECOLOGIA DEGLI
AMBIENTI SOTTERRANEI




GENERALITA'
HABITAT IPOGEI
FATTORI ABIOTICI
FATTORI BIOTICI
RISORSE TROFICHE
LA FAUNA IPOGEA



















GENERALITA'

L'insieme delle aree in cui gli organismi possono vivere rappresenta la biosfera; essa è costituita dall'atmosfera, dall'acqua e dal suolo in cui la vita può formarsi ed esistere.
Gli esseri viventi sono influenzati da molti fattori ambientali; quindi le caratteristiche fisiche di una zona costituiscono dei limiti ben precisi per la vita.
Una fascia geografica con un predominante tipo di vegetazione è detta bioma, e poiché la vegetazione, a sua volta, determina il tipo di animali che possono vivere in quella zona, ogni bioma possiede anche le sue caratteristiche specie animali. Ma in ogni bioma si possono individuare differenti ecosistemi, cioè delle unità bioambientali in cui la comunità degli esseri viventi interagisce con l'ambiente fisico.
L'ecosistema può risultare allora dall'integrazione di una collettività di varie specie viventi (biocenosi) con lo spazio ambientale in cui essa vive (biotopo). Si definisce biotopo il territorio in cui vive la biocenosi e, viceversa, la biocenosi è l'insieme di organismi che popola il biotopo.


Il biotopo, quindi, è l'unità fondamentale dell'ambiente, topograficamente individuabile e caratterizzata dalla biocenosi che lo popola.


Per ambiente si intende la totalità dei fattori esterni (abiotici) che formano lo spazio in cui sono inseriti gli organismi.
L'ambiente infatti non può essere concepito senza le forme di vita che lo popolano e che, in maggiore o minore misura, lo modificano: esistono strette relazioni e forti influenze tra ambiente, fattori abiotici e quelli biotici.
I fattori biotici, relativi alla biosfera, derivano dalla presenza qualitativa e quantitativa di piante ed animali; sono fattori sia il singolo individuo, la sua popolazione, l'insieme di diverse popolazioni ed i rapporti da cui queste sono legate (competizione, predazione, ecc.).


I fattori abiotici, relativi invece alla litosfera, all'atmosfera e all'idrosfera, sono componenti inorganici la cui azione può essere individuata attraverso l'azione di componenti più semplici:

  • l'aria, la sua composizione chimica, la pressione, la temperatura e l'umidità;
  • la roccia, la sua morfologia, la composizione chimico-mineralogica, la struttura...;
  • l'acqua nei suoi stati fisici e nelle fasi del suo ciclo, cioè evaporazione, condensazione, precipitazioni e deflussi sopra e sotto la superficie terrestre.

Un altro fattore abiotico fondamentale, di origine extraterrestre, è la radiazione solare, che agisce per via diretta ed indiretta su tutte le componenti biotiche e abiotiche di un sistema.

Di solito un ecosistema ha una sorta di confine naturale; ecosistemi sono per es. un particolare prato in una prateria, una pozza d'acqua in una spiaggia soggetta alla marea, un tronco marcescente in una foresta... Perché un ecosistema possa esistere per un certo tempo, deve stabilirsi un delicato equilibrio tra fattori abiotici e biotici.

L'ecosistema cavernicolo è delineato da precise caratteristiche:

  • la totale assenza o riduzione di alcuni fattori (es. luce ...);
  • la loro costanza nel tempo (v. temperatura, umidità);
  • la semplicità nella composizione di un popolamento animale;
  • la conseguente semplificazione dei rapporti sinecologici (es. tra i livelli di una piramide alimentare);
  • il maggior grado di isolamento rispetto agli ecosistemi contigui.


HABITAT IPOGEI

In un ecosistema si trovano vari spazi in cui un organismo può vivere (es. l'acqua di una pozza, il fango del terreno, le pareti di caverna...). Ogni organismo vive quindi in una ben determinata parte dell'ecosistema, si dice che ha il suo habitat. Come una persona ha il suo specifico indirizzo nella città dove abita, così ogni essere vivente ha il proprio habitat nell'ecosistema.

Inoltre ciascun organismo, nel suo ambiente, provvede alle proprie necessità in modi diversi (produttori, decompositori, predatori, detritivori...). Il complesso delle relazioni tra organismo e ambiente costituisce la sua nicchia ecologica. E' evidente che due specie non possono occupare la stessa nicchia. Si potrebbe pensare che l'habitat sia l'indirizzo e la nicchia ecologica sia la professione di un individuo.

Non confondiamo habitat con biotopo: mentre l'habitat è il luogo ideale di vita di un individuo o di una specie, il biotopo è il luogo di vita di una comunità di individui o di più specie, cioè di una biocenosi.

Con l'aggettivo "ipogeo" si indica di solito l'ambiente sotterraneo, l'habitat degli organismi viventi sotto la superficie del suolo, mentre l'ambiente "epigeo" è l'habitat degli organismi viventi sopra la superficie del suolo.

A volte la separazione fra i due ambienti risulta poco chiara, non tanto da un punto di vista morfologico, ma ecologico. Si pensi per es. al fondo di un canjon, al fondo di una valletta molto incassata o al fondo di una dolina profonda: c'è poca luce, temperatura più stabile e probabilmente molta umidità. Si tratta di ambienti per così dire che si avvicinano parecchio alle zone liminali delle grotte (cioè in prossimità dell'ingresso), zone che, nel tentativo di fare una suddivisione dell'ambiente ipogeo, si possono definire di transizione.

Innanzi tutto distinguiamo l'ambiente endogeo. Esso rappresenta la porzione di suolo compresa tra il limite inferiore di un detrito vegetale e il limite inferiore delle radici delle piante arboree, e per questo è anche chiamato rizosfera, è la prima parte del suolo a contatto con l'epigeo. Il suo aspetto può essere roccioso, friabile, ghiaioso, argilloso, spesso misto; dipende dalla natura geologica, dalla morfologia, dall'altitudine, dalla vegetazione e da altri fattori; può avere spessore di pochi decimetri, come nei pascoli alpini, oppure di alcuni metri, come nelle valli boschive.

Quasi sempre questo ambiente richiama le caratteristiche dell'ambiente cavernicolo, come la temperatura, l'umidità, l'assenza di luce ed inoltre per la fauna rappresenta un habitat ideale per il privilegio d'essere ricco di humus e di svariate sostanze organiche. Qui vive il maggior numero di specie interessanti dal punto di vista biospeleologico.

Comunque, biologicamente, sia in base alla fisiologia che alla morfologia, la fauna sotterranea si distingue in endogea e cavernicola. Infatti gli artropodi endogei hanno un grado di specializzazione inferiore ai veri cavernicoli ed il loro stadio meno evoluto rappresenta una transizione dalla vita epigea alla ipogea. D'altra parte, come non si identifica bene l'ambiente endogeo dai settori contigui, non è nettamente distinta la fauna endogea da quella cavernicola: si notano vari stadi di evoluzione, sino a casi non facilmente imputabili all'uno o all'altro tipo di fauna.

L'ambiente cavernicolo indica invece le cavità accessibili all'uomo.

Sarebbe da precisare che una soddisfacente divisione dell'ambiente ipogeo si potrebbe ricavare dalla confluenza di elementi legati sì all'ambiente, ma importanti dal punto di vista ecologico come la situazione trofica, la meteorologia ipogea, la stratigrafia..., senza tralasciare la morfologia dell'ambiente, anche se dobbiamo ricordarci che per un artropode un vano di 30 o 50 cm non fa molta differenza.

Rimanendo nella consuetudine di molti autori (es. Racovitza), riscontriamo, oltre all'endogeo e al cavernicolo, anche l'ambiente interstiziale terrestre: sicuramente molto interessante, specialmente quella parte labirintica di microfessure che opera da setaccio naturale nel filtraggio dell'apporto esogeno, offre riparo alle forme più delicate, non permette correnti d'aria. Molti pensano che le specie rinvenute in grotta vivano in ambiente cavernicolo, mentre invece vivono nell'ambiente limitrofo interstiziale, da cui saltuariamente giungono in grotta.

Per questo molti insetti della fauna ipogea sono ritenuti rari. D'altra parte anche lo speleologo entra in grotta raramente come l'insetto, e ciò abbassa notevolmente il coefficiente di cattura.

Comunque c'è una particolare fauna che ha bisogno dell'ambiente cavernicolo, perchè il suo vivere richiede un certo spazio: per esempio i ragni per tessere la tela, le cavallette cavernicole per la loro particolare deambulazione, alcune specie alate di ditteri e tricotteri, i pipistrelli...

>L'ambiente freatico è la zona interessata invece dalla falda acquifera, è spesso soggetto a saliscendi stagionali o a seguito di pertubazioni metereologiche; interessa maggiormente la fauna acquatica.

Le piogge in particolare esercitano una notevole azione di collegamento idrico tra i vari sistemi epigei e ipogei e determinano una maggiore uniformità igrometrica favorendo questi contatti.


FATTORI ABIOTICI DELL'AMBIENTE IPOGEO

I fattori abiotici sono delle caratteristiche fisiche ed ecologiche proprie di un dato ambiente; nascono, variano e decadono sempre in armonia con la mutazione dell'ambiente. Pensiamo per esempio ad una grotta ideale che con il trascorrere dei millenni arriva al crollo totale della volta: geologicamente si trasforma in valle, sparisce il buio, diminuisce l'umidità, la temperatura perde la sua costanza...

Nell'ambito ipogeo abbiamo dei fattori di primissima importanza, che incidono notevolmente sull'ecologia del sistema; anzi la sua biocenosi è un divenire dei fattori stessi, sia per l'effetto limitativo, sia per l'azione indiretta di evoluzione.

Perciò la fauna di una grotta non è casuale, rappresenta invece la risultante di una serie di fenomeni naturali, di leggi fisico-chimiche ed ancor più di eventi geologici. Solo la conoscenza di tutto questo insieme può dare risposta ai mille perchè riguardanti una data biocenosi.

Oscurità, temperatura, umidità sono i fattori abiotici più importanti. Dobbiamo però affiancare ad essi altri fattori geografici e geologici quali:

  • latitudine (da cui dipendono piovosità e temperatura)
  • altitudine (da cui dipendono temperatura, vegetazione e apporto esogeno)
  • natura geologica (substrato, potenziale, stratigrafia, acidità)
  • morfologia di una grotta (verticale con ampia apertura a dolina oppure orizzontale con piccolo imbocco).

Questi fattori costanti sono determinanti per quanto riguarda l'evoluzione biologica ipogea.

Oscurità: a parte alcune grotte con una certa morfologia, in tutte le altre, e maggiormente nell'ambiente interstiziale terrestre, regna il buio assoluto. Una primissima conseguenza è la riduzione graduale nella zona liminale e scomparsa totale poi della vegetazione, poichè non può avvenire la fotosintesi clorofilliana.

Viene così a mancare la produzione primaria, assicurata in superficie dalle piante verdi, ed anche tutta la fauna fitofaga con i propri parassiti e predatori.

Eccezionalmente la produzione di sostanza organica è presente grazie ad una esigua azione batterica. A volte capita di incontrare, anche in profondità, sporadici funghi, i quali non sono piante, bensì si nutrono assorbendo sostanza organica da organismi morti o in decomposizione (saprofiti) oppure anche da organismi vivi (parassiti). La fauna cavernicola è quindi costretta a procurarsi altrove le sostanze energetiche e presenta perciò modifiche adattative del metabolismo. Molti esperimenti sono stati compiuti per accertare gli effetti che la luce provoca su di essa: si è visto che per molti di essi ha un effetto letale.

L'anoftalmia (perdita dell'organo visivo) è una fra le più importanti conseguenze date dalla mancanza di luce.

La talpa, insettivora, caccia nell'ambiente endogeo e a volte anche in superficie, ma solo di notte: l'apparato visivo è molto ridotto, ma è sviluppatissimo l'olfatto. Contrariamente nel tarsio (vive nel Madagascar, ora protetto) l'organo visivo è molto sviluppato, poiché è insettivoro e caccia di giorno in foreste fitte e molto ombrose con scarsa illuminazione: ha due larghe pupille per far entrare più luce possibile mentre il suo olfatto è molto limitato.

La depigmentazione è un'altra conseguenza della mancanza di luce. Però la natura contraccambia queste "perdite" con altri organi sensitivi.

Altra conseguenza è la graduale, a volte molto accentuata riduzione della chitina, sostanza ammino-polisaccaridica che rende rigido l' esoscheletro ed alla cui formazione concorre anche la luce solare.

Altri effetti si registrano anche nel metabolismo: svanisce l'alternarsi del dì e della notte, con modifica quindi dei ritmi nictemerali.

 Temperatura: nell'ambiente ipogeo è molto stabile; nell'ambiente interstiziale, che è privo di correnti d'aria, lo è molto di più di quanto non si verifichi in una grotta.

Greneralmente la temperatura di una cavità sotterranea corrisponde alla media annua della temperatura esterna e dipende perciò dalla latitudine e dall'altitudine. Dipende però anche dalla forma e dalla profondità della grotta: in genere le grotte ascendenti sono più calde di quelle discendenti.

Nelle grotte piu' profonde raramente si osserva un aumento del grado geotermico con la profondità: probabilmente è da correlare con le fessurazioni della roccia calcarea che consentono l'apporto di acqua e di aria esterna.

In genere è costante, ma nelle grotte con più aperture le variazioni termiche stagionali influenzano sensibilmente l'atmosfera interna.

Gli esperimenti hanno dimostrato che i cavernicoli non sono stenotermi obbligati: ve ne sono alcuni che vivono normalmente a temperature limite, quindi possono sopravvivere entro limiti abbastanza ampi di temperatura; alcuni artropodi sono in grado di sopportare sbalzi termici di 10°C per periodi di più giorni.

Tuttavia la temperatura ha un ruolo importante nel metabolismo di alcune specie: per esempio nei pipistrelli quando vanno in letargo.

 Umidità: è un fattore senza dubbio molto importante; non in tutte le grotte raggiunge alte percentuali, per esempio in quelle fossili, e ciò rende l'ambiente azoico. Normalmente presenta valori attorno al 95%. Ha un andamento stagionale tipico del clima esterno nell'ambiente endogeo, quello cioè a contatto con l'epigeo e quindi più prossimo alla situazione metereologica esterna: diverse specie di artropodi sono costrette a migrazioni verso l'interstiziale per avere un'umidità favorevole; per catturare tali specie che raramente si rinvengono in ambiente cavernicolo basta scavare all'esterno solitamente a maggio e giugno durante il periodo delle piogge.

Le grotte secche sono in genere disabitate, i troglobi vivono per lo più in condizioni di saturazione e sono così stenoigri, i quali possono soccombere per piccole variazioni del grado di umidità. La causa va esaminata sotto il profilo della disidratazione. Ogni organismo è legato ad un certo grado di umidità e pressione che non sempre coincidono con quello ambientale. Quegli insetti che nel periodo estivo se ne stanno sotto il sole cocente, se non avessero un esoscheletro appropriato, morirebbero disidratati in poco tempo. Addirittura certe specie (alcuni crostacei) sono così adattati o preadattati alle forti umidità che possono condurre vita anfibia, ma questo vantaggio li obbliga ad ambienti costantemente umidi.

 Altri fattori abiotici possono essere: la composizione chimica dell'aria ed il suo stato di agitazione; l'acqua presente sia come acqua corrente, ferma o di stillicidio; la salinità ed il pH dell'acqua; i fattori litologici e la natura del substrato (granulometria, porosità, potere di imbibizione del suolo).


FATTORI BIOTICI

vOgni autore propone una suddivisione personalizzata di questi fattori, ma in tutte è sempre presente la catena alimentare: può essere benissimo l'unica voce.

Allargando la tematica si possono toccare i vari sottotitoli come la flora batterica, il rapporto tra preda e predatore, cicli ecologici intermedi, l'apporto esogeno..., ma una delle primissime esigenze richieste dalla sopravvivenza è l'alimentazione e nell'ambiente ipogeo anche questa funziona come limitazione a diverse forme vitali, ha un ruolo selettivo decisamente determinante.

Le risorse trofiche - Nell'ambiente ipogeo abbiamo le piante che grazie all'energia solare trasformano la materia inorganica in organica; nell'epigeo ciò viene svolto dai batteri autotrofi, ma in quantità ridottissima, quindi le risorse alimentari di una grotta sono quasi esclusivamente di origine esogena, cioè proveniente dall'esterno:

  • per trasporto anemocoro (per il vento entrano batteri, spore fungine, pollini);
  • per trasporto idrocoro (attraverso l'acqua entra grandi quantitativi delle più varie sostanze);
  • per trasporto biocoro (attraverso gli animali);
  • per gravità, poiché vi cadono detriti vegetali grossolani, cadaveri di animali e numerosi troglosseni vivi, che costituiscono una cospicue risorsa alimentare per i cavernicoli predatori.

Per l'assenza di piante verdi nessun gruppo di fitofagi ha rappresentanti cavernicoli. Tuttavia qualche specie fitofaga si è adattata all'ambiente ipogeo grazie ad un cambiamento del regime alimentare: i processi evolutivi hanno permesso a Oxychilus cellarius (Mollusco Gasteropode) di vivere in superficie cibandosi di foglie morte ma anche in grotta ed avere una dieta assai varia (resti di artropodi ed anche farfalle).

Evidentemente le specie monofaghe hanno potenzialmente meno possibilità di successo nella colonizzazione delle grotte di quelle polifaghe.

 

Classificazione delle grotte in base alle risorse trofiche

  • Grotte oligotrofiche - sono caratterizzate da scarsa disponibilità di sostanze organiche; l'acqua che vi entra porta poca materia organica e quindi la fauna è scarsa, ma le poche specie che vi vivono spesso sono molto specializzate; qui di solito la base dell'alimentazione è rappresentata da flore batteriche autotrofe, che riescono a sintetizzare sostanze organiche dal substrato minerale (solfobatteri, nitrobatteri, ferrobatteri...);

  • Grotte eutrofiche - sono caratterizzate dalla presenza di abbondanti depositi di sostanza organica di origine animale e in particolare da guano di pipistrelli, che ricopre una porzione significativa delle superfici della cavità; tali grotte sono popolate tutto o parte dell'anno da grandi colonie di Chirotteri;

  • Grotte distrofiche- sono caratterizzate da cospicui accumuli di detrito vegetale e povere invece di guano o di altra risorsa di natura animale.


    Comunque in grotte eutrofiche e distrofiche c'è un buon potenziale energetico, la fauna è costituita da diverse specie, numericamente abbondante, ma meno specializzata.

    In uno schema di una catena alimentare più sono complesse le relazioni, più veritiero è lo schema: infatti l'equilibrio ecologico è basato su varie nicchie ecologiche.

    Nella piramide alimentare dopo i batteri (autotrofi ed eterotrofi, i quali sono di origine esterna ed utilizzano sostanze organiche già elaborate) segue una microfauna batteriofaga, che vive nelle argille e nei fanghi dove la fauna limivora trova sostentamento.

    I limivori a loro volta rappresentano cibo per i propri predatori. Classici esempi di limivori sono i lombrichi, molti crostacei e diverse larve di insetti.

    Carnivori, o meglio predatori, sono i chilopodi, gli opilioni, gli pseudoscorpioni, i ragni, vari coleotteri.

    Tra i detritivori troviamo diplopodi, crostacei, vari insetti.

    Esistono anche altri gruppi:

  • i guanobi, cioè gli organismi che traggono nurimento dai composti azotati contenuti nel guano (ricordiamo anche che la presenza di pipistrelli incrementa il numero di specie necrofaghe che ne sfruttano i resti a scopo alimentare o che li parassitizzano -acari, pulci);

  • i parassiti;
  • i coprofagi;
  • i saprofagi.
  • Secondo alcuni autori i limiti tra saprofagi e carnivori sono assai meno precisi che in superficie, per una certa facilità a passare da una dieta all'altra.

    La predazione è la forma più diretta di relazione fra specie diverse.

    Ma nelle grotte di estensione limitata, con risorse trofiche scarse, si manifesta con maggiore evidenza anche un'altra forma di relazione, la competizione per la conquista dell'alimento.

    vL'intensità di questa è direttamente proporzionale alla sovrapposizione delle nicchie ecologiche dei competitori. E' raro rinvenire in una stessa grotta specie appartenenti allo stesso genere o molto affini tra loro: se ciò si verifica, le nicchie ecologiche sono sufficientemente distinte.

     In una grotta si possono distinguere predatori, detritivori, saprofagi e limivori. L'alimentazione è ovviamente il primo problema di un essere vivente ed ogni individuo, per la nicchia ecologica che occupa, ha un suo apparato boccale: basti pensare alle mandibole del predatore endogeo Leptomastax (Coleottero Scidmenide) o al Diplopode Serradium che vive nella Spluga della Preta (VR) alla profondità di circa 700 m. Contrariarmente ai Diplopodi epigei od endogei che sono detritivori, gli individui di questa specie passano la maggior parte del loro tempo in parete a filtrare continuamente un velo d'acqua.

    vAltra modifica morfologica, riscontrabile in molti insetti, è l'atterismo (assenza di ali), nel caso dei Coleotteri però non è possibile notarlo direttamente perchè le elitre coprono il paio di ali atte al volo. Nei Ditteri invece si nota l'assenza totale di ali (Chionea alpina). Si ricordi comunque che anche a profondità di 8-900 m si possono incontrare Ditteri epigei, segno che questi insetti hanno dei particolari organi che permettono anche grandi spostamenti.

    Anche nell'ambito del metabolismo la fauna cavernicola ha subito delle modifiche. Per esempio diminuisce il consumo di ossigeno rispetto alla fauna di superficie: la vita nelle grotte è molto meno movimentata, ci sono meno predatori, meno rischi ambientali...

    vMancando la luce svaniscono anche i ritmi nictemerali e stagionali; tutto il ritmo biologico subisce un rallentamento, secondo alcuni dovuto anche ad un regime alimentare scarso e sporadico.

    Gli adattamenti fisiologici più studiati riguardano comunque la riproduzione:

    • diminuzione della fecondità;
    • aumento correlato del volume delle uova e delle riserve vitelline;
    • diminuzione del numero di uova;
    • allungamento della durata di sviluppo embrionale e postembrionale nonché della vita adulta e dell'intero ciclo biologico;
    • caduta della periodicità riproduttiva o più frequentemente un cambiamento della stagionalità determinato dalle caratteristiche della grotta.

    Nell'ambiente ipogeo ogni azione è basata sul risparmio energetico: mettere al mondo troppi figli significherebbe dare vita a tanti individui destinati a morire di fame: non ci sono tanti predatori come nell'ambiente epigeo, non c'è bisogno di selezione in un ambiente già molto rigido ed inoltre non ci sarebbe sostentamento per una prole numericamente abbondante.

    Gli animali meno prolifici, d'altro canto, sono in genere quelli che riservano alla prole le cure maggiori, e ciò avviene anche per alcuni tra gli insetti cavernicoli più specializzati.

    Ad esempio i Catopidi con le elitre a palloncino maturano un solo uovo alla volta, due o tre nel corso della loro intera esistenza, ma in compenso evitano ogni problema esistenziale alle larve figlie: la maggior parte dell'accrescimento giovanile avviene all'interno del corpo materno e la larva, contrariarmente a quanto succede nella stragrande maggioranza degli insetti, non conduce vita attiva, ma subito si trasforma in pupa e quindi in adulto.

    Gli organismi cavernicoli adottano come strategia di sopravvivenza la K-selezione che prevede un ritardo della maturazione, cucciolate piccole, abbondanti cure parentali e nascita in stadi avanzati.

    Un caso curioso ci viene dato dalla riproduzione dei pipistrelli: l'accoppiamento avviene alla fine dell'estate o meglio in autunno, poi segue il letargo; sarebbe improprio portare avanti una gestazione da parte di una femmina che non si nutre; infatti gli spermatozoi vengono trattenuti nell'utero durante tutto l'inverno ed alimentati da un secreto nutritivo da parte dell'epitelio uterino e la fecondazione ha luogo solo in primavera poco dopo l'inizio dell'attività normale.

    Nell'ambiente epigeo la scelta del partner viene fatta "alla luce del sole": ci sono corteggiamenti, livree nuziali molto colorate, dimorfismo sessuale ben visibile...

    Nell'ipogeo "si fa tutto al buio", così abbiamo richiami sessuali più che altro biochimici, ossia ormoni secreti da ghiandole specializzate nelle giuste occasioni. Per esempio le femmine di certi Diplopodi lasciano come richiamo un sottilissimo filo, una bavetta che il maschio al buio percepisce e segue per raggiungere la femmina, sperando di non trovarla già occupata!

    Il Proteus anguinus è un esempio clamoroso di modifica più fisiologica che morfologica; alla nascita presenta gli occhi e una colorazione brunastra, da adulto invece è anoftalmo e depigmentato. Inoltre è un organismo neotenico, cioè mantiene le caratteristiche larvali anche allo stadio adulto (sono presenti nell'adulto sia branchie esterne che polmoni). Raggiunge la maturità sessuale dopo 10-12 anni; la fame non sembra essere un suo problema, infatti esiste a Lubiana vivo e vegeto un proteo digiuno da oltre 12 anni. Sicuramente è molto longevo: c'è chi ritiene che possa vivere 100 anni, certamente 50.


    LA FAUNA IPOGEA

     La fauna ipogea comprende quelle specie di animali che hanno attinenza con l'ambiente ipogeo, ma si esamineranno solo quelle entità prossime all'ambiente speleologico, senza tralasciare le forme caratteristiche dell'ambiente endogeo, situato nei massicci calcari o ad esso limitrofo. Nel XVII° secolo, agli albori della sistematica attuale, persisteva fra i naturalisti stessi una confusa interpretazione sulla fauna grotticola; in poche parole bastava che un artropode qualsiasi venisse catturato in una grotta per meritarsi l'appellativo di cavernicolo.

    Solo nel 1854 un lavoro ad opera dello Schiner esponeva in chiave ecologica i primi chiarimenti sulla fauna grotticola, chiarimenti rivisti e convalidati da Emil Racovitza (naturalista rumeno 1868-1947, una delle principali colonne della biospeleologia) nel VI° capitolo "Clasificarea cavernicolelor" del lavoro "Eseu asupra problemelor biospeologice" 1907.

    Oggi la conoscenza numericamente piú estesa delle specie rinvenute in grotta, l'etologia, l'anatomia, la fisiologia, la morfologia, il metabolismo e vari altri studi comparati, effettuati su molti reperti, offrono una maggiore chiarezza sulla piú o meno stretta relazione di un'entità con l'ambiente ipogeo. Per gli speleologi, spericolata popolazione di individui piú prossimi all'ecologia che alla biologia, la distinzione esposta dallo Schiner ed elaborata da altri autori è molto valida e suddivide gli animali grotticoli in tre gruppi.

     Troglosseni. Appartengono a questo gruppo tutte quelle specie che normalmente vivono nell'ambiente epigeo e che entrano in grotta per caso per sfuggire ai predatori per caduta accidentale, o perché trasportati dalle acque, per cercare fresco nei periodi estivi, oppure perché lucifughi, igrofili, muscicoli. Solitamente si trovano nella zona liminale o sui coni detritici dei pozzi iniziali; non si riproducono e sono destinati a soccombere perché non trovano il cibo adatto, o perché al buio non sanno o non riescono a procurarselo.

     Troglofili. A questa categoria appartengono quelle entità che usufruiscono dell'ambiente ipogeo per un dato periodo della loro vita; i troglofili si suddividono in due gruppi: i subtroglofili, (pipistrelli, tricotteri, alcuni lepidotteri, diversi opilioni, volpi, topi, tassi ecc.), che prediligono la grotta per svernare, riprodursi, riparo dalla calura estiva, riparo da situazioni meteorologiche avverse, ricerca di cibo e gli eutroglofili (alcuni coleotteri, diplopodi, anfibi ecc.) che, sebbene non siano dotati di una particolare specializzazione per l'ambiente ipogeo, trovano in tale ambiente condizioni di vita ottimali, ma non sono completamente vincolati a tale ambiente e possono quindi abbandonarlo per escursioni esterne, in ambienti comunque sempre idonei alle loro necessità biologiche come per le cavallette di grotta, che nelle notti umide escono all'aperto.

    Troglobi. Sono le entità che per tutta la durata della loro vita hanno bisogno dell'ambiente ipogeo; sono specie, che nel susseguirsi di migliaia e migliaia di generazioni, hanno raggiunto un grado di specializzazione e piú che altro modifiche fisiologiche tali, da non poter vivere se non esclusivamente in ambiente ipogeo.

     Il primo tentativo di sistemazione ordinata del regno vivente risale ancora ad Aristotele, il quale aveva distinto 9 gruppi.

    Fonte della sistematica moderna è stata una grande opera di Linneo (1707-78), nella quale gli esseri viventi sono classificati in base all'aspetto esterno dell'organismo ricercando somiglianze morfologiche e di comportamento; ma circa un secolo dopo C. Darwin, con il concetto di evoluzione, forní una nuova chiave interpretativa; si abbandonarono i criteri puramente morfologici e si cercò di codificare la storia evolutiva dei viventi, classificandoli in base a relazioni filogenetiche (cioè di parentela) che legano le diverse specie, ammettendone la derivazione da lontani antenati comuni.

    Il sistema di classificazione si avvale di un insieme di categorie ordinate secondo un criterio gerarchico: tipo o phylum, classe, ordine, famiglia, genere, specie. La specie è basata sul principio di interfecondità. I tipi (phyla) sono una quindicina. Vediamo ora quelli che interessano la biospeleologia .

     Platelminti o vermi piatti: di essi più comuni sono i rappresentanti della classe dei Turbellari: Planarie e Dendrocelidi, di lunghezza raramente superiore al cm; sono biancastri, con corpo allungato e piatto, facilmente deformabile; stanno solitamente sotto i sassi dei rivoli e delle pozze.Sono note solo poche specie ipogee.

    Nematomorfi: i più rappresentativi sono i Gordidi con corpo allungato (anche piú di mezzo metro), vermiforme non segmentato, colore nocciola o biancastro; si rinvengono nelle zone molto umide e fangose, come pure nelle pozze. Generalmente non sono considerati cavernicoli s.str.(sono però stati rinvenuti esemplari parassiti nell'addome di coleotteri e ragni legati all'ambiente endogeo).

    Anellidi: vermi segmentati (formati da tanti anelli), con evidente metameria; comunissimi sono gli Oligocheti provvisti di poche setole, ermafroditi, con il caratteristico clitello con funzione riproduttiva. In grotta abbondano nel guano dei pipistrelli e nel terriccio misto. Molto piú interessanti i Policheti, muniti di molte setole, spesso tubicoli, privi di clitello, a sessi separati, che pochi anni fa sono stati rinvenuti anche in Italia nel Carso triestino.

    Un altro gruppo di anellidi sono gli Irudinei clitellati, dotati di ventosa boccale, ermafroditi, comunemente chiamate sanguisughe. Hanno, rispetto agli altri anellidi, una maggiore possibilità di spostamento. Si tratta di pochissime specie che fra l'altro non prediligono l'ambiente ipogeo.

    Artropodi: animali con esoscheletro chitinoso e zampe articolate. Classe Diplopodi, arrivano anche a diversi cm di lunghezza, hanno la sezione del corpo spesso sub-cilindrica ed i segmenti sono muniti di due paia di zampette; si nutrono di sostanze in decomposizione e perciò si trovano fra i detriti ed anche in zone piú interne, alcune specie molto evolute anche a forti profondità. A parte i Trogloiulii verdastri con un centinaio di zampe e che emanano un forte odore sgradevole, molte specie, meno specializzate, sono rinvenibili ovunque purché in luoghi freschi ed umidi, questo per esempio è una delle sei specie che vivono nei sotterranei del Castello Sforzesco di Milano.

    Chilopodi: si differenziano dai Diplopodi per avere i segmenti con un solo paio di zampette. Sono relativamente rapidi negli spostamenti. Sono dotati di due paia di mascelle e di un robusto paio di forcipule collegate a un apparato velenifero; il loro regime alimentare è dunque carnivoro. I piú importanti per la biospeleologia sono i Litobiomorfi.

    Crostacei: dotati di due paia di antenne (il primo paio sono le antenne vere e proprie, il secondo sono dette antennule. Sono presenti nell'ipogeo con diversi ordini dei quali i piú importanti sono: Copepodi, acquatici, di pochi mm e provvisti di una furca, occhio naupliare impari, antennule più lunghe delle antenne, facenti funzione natatoria e, frequentemente nel maschio, prensile per trattenere la femmina durante la copula. La femmina trasporta le uova in apposite tasche dette ovisacchi. Isopodi: spesso con corpo depresso dorsoventralmente, antennule ridotte; lo sviluppo embrionale ha luogo in una sorta di marsupio femminile. In grotta si trovano ovunque ci sia qualche detrito, sino alle maggiori profondità. Anfipodi: affini agli Isopodi ma hanno corpo compresso lateralmente e antennule generalmente più lunghe delle antenne. Vivono nelle pozze e nei rivoli calmi, anche in profondità e non rari sono i Niphargus .

    Aracnidi: sprovvisti di antenne, presentano due paia di appendici orali: i pedipalpi e cheliceri. Gli ordini che interessano la biospeleologia italiana sono: Pseudoscorpioni: sembrano degli scorpioni privati della "coda" e delle annesse ghiandole velenifere; hanno cheliceri provvisti di ghiandole della seta e pedipalpi veleniferi. Sono carnivori, si trovano solitamente nei coni detritici e sono presenti con numerose specie e per individuare a quale entità appartengono si ricorre spesso all'esame morfologico della "pinza" (pedipalpi) che varia da specie a specie. Opilionidi: sono confusi da molti con i ragni, dai quali si differenziano per avere una metameria evidente e prosoma e opistosoma non distinti (il corpo forma una "pallina " sola. I cheliceri non sono veleniferi e i pedipalpi terminano con un'unghia; sono predatori ma non disdegnano carogne e detriti vegetali. Cosa eccezionale fra gli Aracnidi i due sessi sono provvisti di organo copulatore.

    Poche sono le specie cavernicole, le quali si trovano in parete e fra i detriti grossolani, arrivano anche a forti profondità e la loro morfologia è molto varia . Ordine Ragni: posseggono opistosoma peduncolato (hanno cioè il corpo formato da due "palline"), munito di filiere (apparato per la produzione della seta); sono dotati di cheliceri veleniferi e sono dunque predatori. Durante la riproduzione il maschio raccoglie con i pedipalpi una goccia di sperma che infila nell'organo genitale femminile detto epigino. La morfologia dei pedipalpi è interessante per la determinazione delle specie. Occupano quasi esclusivamente le pareti della zona liminale. Ordine Acari: hanno corpo articolato in due porzioni (dette proterosoma e isterosoma) di cui la prima porta la testa e i primi due paia di zampe, mentre la seconda le ultime due paia di zampe. Si tratta di uno dei gruppi di maggior successo adattativo dell'intero regno animale. In grotta sono rappresentati da diverse famiglie; misurano da meno di un mm sino ad un cm (zecche); si trovano un po' ovunque, molto spesso su altre specie che parassitano; non sono molto studiati.

    Esapodi: caratterizzati dall'avere tre paia di zampe. Le prime due classi degli Esapodi (Collemboli e Dipluri) hanno pezzi boccali nascosti e sono per questo detti Entognati. Classe Collemboli: senza ali, piccoli e muniti di una furca che permette loro di saltare e di un tubo ventrale con funzione adesiva. Si rinvengono ovunque ci sia detrito sino a profondità notevoli (rappresentano un anello importante nell'alimentazione dei predatori cavernicoli). Dipluri: bianchi, senza ali, raramente superano il cm, hanno l'addome terminante con due filamenti (cerci), o con due pinzette. Insetti: sono esapodi con pezzi boccali evidenti (ectognati). Ordine Tisanuri: privi di ali, hanno addome terminante con tre filamenti (cerci) e s'incontrano quasi sempre fra i sassi misti al terriccio umido. Ortotteri o saltatori, cosiddetti per la loro spiccata attitudine al salto e sono le cosiddette cavallette; quelle di grotta sono senza ali o con ali ridotte e con antenne lunghe e filiformi; sono praticamente onnivore, stanno solitamente nei ripari parietali, qualche autore li segnala anche a grandi profondità. Tricotteri: simili ad alcune farfalline notturne se ne distinguono per la presenza di una fine peluria sulle ali membranose (che sono inoltre sprovviste di squame). Salvo pochissime specie non sono cavernicoli , si notano sulle volte e sulle pareti subito dopo la zona liminale. Lepidotteri: ali coperte di squame, non si riproducono in grotta, ma alcune specie vi si rifugiano regolarmente; occupano le pareti in penombra, raramente al buio assoluto ed hanno ben poco del cavernicolo. Ditteri: si riconoscono dagli altri insetti volatili per avere le ali posteriori ridotte a due piccoli bilancieri; certe specie di ditteri riescono a volare tranquillamente anche nel buio piú assoluto sino ai mille metri di profondità dopo chilometri di gallerie e pozzi richiamati da sostanze in putrefazione, alcune specie infatti hanno organi sensoriali molto sviluppati; le specie veramente cavernicole sono attere (senza ali) per lo piú guanobie o parassiti dei pipistrelli. Coleotteri: il primo paio d'ali di questi insetti funge da astuccio (elitre) e protegge l'addome; fra tutti gli ordini è quello che annovera piú specie con i vari stadi di specializzazione alla vita cavernicola. Le principali famiglie sono: Carabidi predatori (Italaphaenops dimaioi,Allegrettia, Orotrechus kalisi, Typhlotrechus), Catopidi (Leptodirus hohenwarti, Halbherria zorzii), Stafilinidi (Glyptomerus) Pselafidi (Linderia persicoi), Isteridi, Curculionidi. I coleotteri ipogei sono per lo piú predatori, saprofagi o detritivori, si trovano un po' ovunque, mai oltre i 600 m di profondità. I coleotteri rappresentano la base degli studi della moderna biospeleologia e biogeografia inerente non solo alle grotte ma all'intera zona montuosa calcarea e zone limitrofe, dove sono presenti diverse specie cieche degli stessi generi che si trovano in grotta.

     Molluschi: animali caratterizzati da avere corpo molle privo di scheletro. Classe Gasteropodi: >animali che strisciano sul piede: con conchiglia di carbonato di calcio (chiocciole) oppure senza (lumache); si vedono un po' ovunque nelle zone prossime alla superficie, raramente oltre al primo pozzo; diverse specie si trovano in ambiente endogeo.

     Vertebrati: animali dotati di colonna vertebrale. Anfibi: presentano respirazione in parte cutanea e riproduzione acquatica. Urodeli: (caudati) il rappresentante per eccellenza è il proteo (Proteus anguinus), altri generi sono gli Spelaeomantes, le salamandre, i tritoni. Mammiferi: animali che allattano la prole. La maggior parte di essi appartiene al gruppo dei pipistrelli, dei quali i principali rappresentanti sono i Rinolofi ed i Vespertili. Altri mammiferi che saltuariamente si rinvengono in grotta sono: topi, ricci, volpi, ghiri.



    da: http://www.keycomm.it/users/geocai/biospeleologia.html (mod.)


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